Quando leggiamo la definizione di “ipertesto”, ad esempio, capiamo chiaramente che l’apprendimento non procede più in modo sequenziale dall’inizio alla fine del testo ma procede per centri di interesse individuali.
Il lettore, quindi, è diventato parte attiva della del percorso di lettura e di apprendimento.
Alla luce dei questo importante cambiamento nelle modalità di lettura (nonché di apprendimento) la funzione del docente è conseguentemente cambiata.
Il docente non fornisce più informazioni, tecniche o metodi ma guida l’allievo attraverso il processo di autoformazione.
Se da un lato questo comportamento “attivo” del lettore può rappresentare un valore aggiunto durante il processo di apprendimento dall’altro questo può rappresentare anche un potenziale pericolo per la qualità dell’apprendimento stesso.
Affinché apprendimento e crescita culturale si possano realmente realizzare è indispensabile che si verifichino alcune condizioni:
- che il percorso di lettura inizi sui ipertesti adeguati;
- che il percorso di lettura e di studio sia guidato da un esperto;
- che il lettore/studente/allievo abbia degli interessi circoscritti;
- che il lettore sia guidato a mantenere il focus di lavoro.
Prendere coscienza dei propri interessi speciali
Nel passato questo percorso di “presa di coscienza” non era sempre possibile ed era spesso demandato alle famiglie. Spesso si seguiva un percorso di studi che non coincideva necessariamente con la propria vocazione e con i propri interessi.
Qui dobbiamo fare una serie di distinzioni alle quali non sempre è facile giungere:
Prima di tutto: non dobbiamo confondere quello che “ci piace” in un determinato momento della nostra vita con quelli che sono i nostri “interessi”. Ciò che ci procura momentaneamente piacere e soddisfa la nostra curiosità può non coincidere con i nostri interessi ricorrenti.
Secondo: non dobbiamo confondere gli interessi con quella che è la nostra “vocazione” o “inclinazione” verso un determinato e specifico argomento.
Probabilmente per la maggior parte dei bambini e per molti adolescenti scoprire la propria vocazione è cosa molto difficile se non in alcuni casi impossibile.
Come scoprire interessi e vocazione?
La funzione del docente, in effetti, è proprio quella di indurre una presa di coscienza nei propri allievi ovvero riguardo al proprio mondo interiore.
Le tecnologie digitali e l’introduzione nelle scuole di metodologie nuove rappresentano l’occasione giusta per i docenti di indirizzare gli allievi verso la ricerca di questi elementi chiave della propria “interiorità”.
“Cosa ti suscita una curiosità profonda? Cosa fai in modo naturale e ricorrente tanto da sentirne irresistibilmente la chiamata all’azione?”
Sappiamo tutti, dalla psicologia, come la spinta interiore all’azione (quando volontaria) sia fortemente produttiva ai fini dell’apprendimento e della crescita “culturale” della persona.
Per indurre una autonoma spinta alla ricerca e all’accrescimento culturale non basta porre poche alcune banali domande. Sappiamo peraltro che a queste domande, la maggior parte delle persone, non riesce a rispondere facilmente.
Immaginare, quindi, un percorso di studio incentrato sui propri interessi diventa impossibile quando non si è riuscito a dare le giuste risposte.
Per fare emergere la consapevolezza dei propri interessi naturali e delle proprie vocazioni non basta porre delle domande ai giovani allievi, è necessario, invece, far emergere le risposte direttamente nella loro coscienza.
La responsabilità del docente e dei progetti formativi
Affinché nel percorso di formazione si verifichi anche la “presa di coscienza” del proprio “sé” è centrale la responsabilità dei progetti formativi nonché delle abilità del docente.
Per questo sono prima di tutto necessarie metodologie di insegnamento nuove svincolate una volta per tutte dal mero apprendimento di banali “informazioni” che prevedano anche la crescita di (meta)abilità come ad esempio: imparare ad imparare, avere atteggiamento critico verso l’informazione, capacità di introspezione, capacità di lettura delle proprie emozioni, autonomia di pensiero, e così via...
Devono cambiare contesti di lavoro, strumenti formativi, competenze dei docenti.
La rete ha messo a disposizione di tutti una quantità di informazioni talmente ampia che ha perso di senso l’apprendimento finalizzato alla sola acquisizione di informazione. Se la rete può soddisfare molte curiosità può anche interferire nel percorso formativo aggiungendone di nuove. Mantenere il controllo sull’obiettivo di crescita e sviluppo della conoscenza è certamente una responsabilità dei docenti.
Tutto questo naturalmente è estremamente complesso in quando, si capisce, richiede numerose competenze e un bagaglio di esperienze formative non consistente. Ancora oggi, purtroppo molti insegnanti vengono catapultati nel vivo dell’insegnamento senza aver maturato una vera e propria esperienza o una consolidata metodologia.
Apprendimento e tecnologie digitali
Si noti bene che nuove tecnologie digitali, supporti elettronici come tablet e personal computer portatili non devono essere scambiati per “finalità dell’apprendimento” ma vanno considerati come “strumentali all’apprendimento”.
Per questo motivo è preconizzabile l’introduzione delle discipline informatiche e del pensiero computazionale all’interno dei primissimi cicli di studio.
Le nuove generazioni devono sviluppare abilità informatiche di base più rapidamente possibile affinché non rappresentino un ostacolo all’acquisizione di nuova conoscenza.
Va detto inoltre, se vogliamo essere ancora più pignoli che che non basta più neppure la sola alfabetizzazione di base per lo sviluppo di “abilità strumentali” ma sono sempre più consigliabili percorsi formativi di apprendimento per superare anche il più insidioso “analfabetismo funzionale”.
In un mondo che corre veloce verso una sempre complessa “burotica” (burocrazia informatica) è diventato indispensabile capire come si integra l’informatica nella vita quotidiana e nel lavoro evitando di credere che tutto questo sia solo “un gioco”.